In un momento storico,
come quello che stiamo vivendo, dominato dalla grave crisi economica che
ci attanaglia, gli amministratori locali debbono prestare massima
attenzione alle spese sostenute dai Comuni, per evitare di non vessare
inutilmente i cittadini.
Oggi più che mai chi governa un Ente deve gestire con grande
oculatezza, centellinando le risorse disponibili, il bilancio, evitando
così gli sprechi. In realtà, ho la netta sensazione che non tutti
abbiano questa coscienza, e che, specie nelle decisioni che coinvolgono
varie istituzioni, si possa correre il rischio di dissipare risorse
vitali per i nostri centri. Un caso emblematico in tal senso, che ci sta
occupando in questi giorni, è quello dei rifiuti e degli impianti
pubblici di trasformazione.
Senza tediare il lettore, con dati normativi, ricordo che la Comunità
Europea ha stabilito, con la direttiva nr. 1999/31/CE, che rifiuti
indifferenziati (vale a dire quelli che quotidianamente mettiamo nei
nostri contenitori grigi) possono essere conferiti in discarica solo
dopo un trattamento di tipo, fisico o chimico o termico o biologico o di
cernita. Questa norma è stata recepita dal nostro paese già nel 2003
(D.lgs 36/2003), allorquando lo Stato ha concesso agli Enti territoriali
un termine di dieci anni (fino a dicembre 2013) per conformarsi alla
normativa in questione ed individuare sul proprio territorio questi
impianti di trattamento, prevedendo in caso di mancato rispetto del
termine una serie di sanzioni che ovviamente ricadranno sui cittadini.
La Provincia di Ancona, nel 2011 ha emanato un atto di indirizzo che ha
individuato due siti di trasformazione, che come si legge testualmente
dall’atto sono: l’ “impianto per il trattamento della frazione organica a
Corinaldo per tutto l’ATO (già attivo e da implementare attraverso
fondi FAS)” e l’ “impianto per il trattamento della frazione residuale
non riciclabile e di quella da raccolta differenziata da valorizzare,
con linea per recupero, a Maiolati Spontini (già approvato il progetto
per l’impianto relativo alla frazione residuale non riciclabile)”. E’
sufficiente fare una piccola ricerca in internet e scoprire che
l’impianto di trattamento dell’organico di Corinaldo è stato inaugurato
(con grande risalto sui giornali e con dichiarazioni trionfalistiche dei
politici locali di turno) nell’ottobre 2008 dall’allora Presidente,
oggi Commissario della Provincia di Ancona, Patrizia Casagrande ed è
entrato in funzione nel 2009.
L’impianto è di proprietà della CIR 33 servizi srl, una società a
completo capitale pubblico di cui sono soci tutti i Comuni della Valle
del Misa e dell’Esino ed è costato € 8.529.530,09, denaro pubblico
(fondi statali, regionali, provinciali e dei singoli comuni) dei
cittadini. Nel frattempo sono stati spesi soldi pubblici anche per
l’impianto di Maiolati Spontini: è stata acquisita da quel Comune
un’area al costo di € 400.000,00 e sono stati spesi € 100.000,00 per il
progetto preliminare del nuovo impianto. Sembrava che tutto procedesse
per il verso tracciato, ma ad un tratto, nel mese di giugno scorso, il
Commissario della Provincia di Ancona, Patrizia Casagrande, ha convocato
tutti i Sindaci della Provincia e ha proposto di cambiare la strategia
assunta.
Nei documenti che ci sono stati illustrati, dallo stesso Direttore
dell’impianto di Corinaldo, ing. Bartolacci (che solo alcuni mesi prima
aveva rilasciato interviste a televisioni locali attestando l’efficienza
della struttura), veniva affermato che quello di Corinaldo presenta
“difficoltà gestionali dovute ad una tecnologia obsoleta di
stabilizzazione aerobica della sostanza organica”. La sorpresa, almeno
in chi scrive ed altri colleghi Sindaci, fu enorme: come si può definire
obsoleto un impianto costato oltre 8 milioni di euro alla collettività
ed inaugurato appena quattro anni fa?
Il direttore corresse il tiro, e come spesso capita, quando si hanno
poche argomentazioni, si rifugiò in un termine inglese, affermando che
l’impianto aveva bisogno di un semplice rewamping, che lo convertisse da
impianto di trasformazione dell’umido ad impianto di trasformazione del
secco. In realtà il rewamping non è mai un intervento semplice, è un
termine usato nel linguaggio ferroviario che implica un’operazione
radicale e molto costosa dei mezzi, non spesso utilizzata, perché
rispetto ad essa è più conveniente l’acquisto di una nuova struttura.
Così è anche nel nostro caso: il progetto di rewamping dell’impianto di
Corinaldo costa (senza imprevisti) alla collettività ulteriori
5.250.000,00 euro, cui vanno ovviamente aggiunti gli otto e mezzo già
spesi per la sua realizzazione, appena quattro anni fa In sintesi,
l’opera così riconvertita costerebbe alla collettività quasi 14 milioni
di euro! A questi dovremmo, poi, aggiungere l’ulteriore mezzo milione di
euro, speso per il progetto dell’impianto di trasformazione del secco
di Maiolati Spontini, che si intende abbandonare. In sintesi anziché due
impianti (uno per l’organico ed uno per l’indifferenziato) avremmo un
solo impianto per l’indifferenziato, con un costo di oltre 14 milioni di
euro di denaro pubblico, e la necessità di dover affrontare ulteriori
ed onerosi costi per il trattamento dell’organico dato che l’impianto di
Corinaldo non li tratterà più!
Ma le perplessità non finiscono qui: la direttiva europea, recepita
dall’Italia con il D.lgs 36/2003, impone la progressiva riduzione della
raccolta di indifferenziato a favore della raccolta differenziata entro
il 2018, per questo è giocoforza ritenere che il nuovo impianto di
Corinaldo, tra appena quattro anni (vale a dire, se va bene, dopo circa
tre anni in cui sarà a regime) risulterà sovradimensionato e dovrà
subire un nuovo rewamping, per tornare (come candidamente è stato
ribadito dai tecnici in quella riunione) ad essere un impianto di
trasformazione dell’organico, con una ulteriore costosa spesa!
Questa proposta, per fortuna della collettività, è stata bocciata
nell’assemblea dell’ATA, tenutasi a Monsano il 19 luglio scorso, con il
voto contrario dei Comuni di Ancona, Falconara, Jesi, S. Maria Nuova,
Sirolo ed ovviamente, il mio per il Comune di Ostra. La decisione ha
creato grande disappunto, come si legge dai verbali dell’assemblea, del
Commissario della Provincia di Ancona, Patrizia Casagrande e di alcuni
esponenti locali, quali il vicesindaco di Senigallia Maurizio Memè.
Nel mio territorio, avevo fatto in tempo a promuovere un paio di
incontri sul tema, per rendere edotta la cittadinanza del problema, ma a
seguito della bocciatura del progetto avevo ritenuto che il non ve ne
fosse più bisogno visto che lo ritenevo definitivamente abbandonato. Ma
mi sbagliavo: un paio di giorni fa mi è giunta la convocazione per
domani pomeriggio 9 settembre, dell’Assemblea Territoriale d’Ambito
l’organismo, di recente composizione, cui compete la pianificazione e
gestione dei servizi di gestione integrata dei rifiuti urbani.
Con grande sorpresa ho letto che uno dei punti in discussione è quello
già votato nella scorsa riunione descritto in modo laconico con
l’espressione “valutazione delle diverse soluzioni impiantistiche”, ed
ho riscontrato che non è stata ad oggi inviata alcuna ulteriore
documentazione che possa giustificare il riesame dell’argomento. Tale
circostanza assieme al fatto che la vicenda continui ad essere trattata
senza che nulli trapeli fuori dall’ambito istituzionale, mi fa temere
che domani potremmo avere sorprese e si verificherà un colpo di mano.
Mi auguro che prima di assumere una simile decisione tutte le comunità
interessate possano valutare la vicenda, e soprattutto si possano
approfondire i costi dell’operazione, proprio per evitare una costosa
operazione il cui onere ricadrà, come sempre, sulle tasche dei
cittadini, e dichiaro pubblicamente, come farò domani sera, che, nel
caso in cui ci fossero delle forzature, intraprenderò tutti i
provvedimenti conseguenti.
da
Massimo Olivettisindaco di Ostra