L’Unione dei Comuni “Le Terre della Marca Senone” rappresenta l’esempio peggiore e più becero di “cultura di governo”’.
Un nuovo ente senza alcuna strategia generale e senza obiettivi,
voluto senza appello dal sindaco Mangialardi e dal PD per creare
semplicemente l’ennesimo strumento politico di potere, con cui “dirigere
e controllare” la vita comunitaria ed istituzionale dei piccoli Comuni
della valle del Misa e del Nevola, ma soprattutto per “risolvere”
imbarazzanti questioni amministrative e di bilancio di Senigallia.
Perché la vera ragione è solo questa: “snellire” il Comune costiero,
affidando funzioni e capitoli di spesa al nuovo ente, permettendo così a
Senigallia di sopravvivere, e ai piccoli Comuni di “regalare”
definitivamente la propria dignità ed il proprio ruolo al “monarca di
velluto”. Colpevoli di tutto questo anche i sindaci di Ostra, Ostra
Vetere, Barbara, Serra de’ Conti, Arcevia e Trecastelli, i quali
supinamente e acriticamente hanno accettato il “diktat” del loro
partito.
Proprio così. Nell’Unione dei Comuni, un ente completamente autonomo, i
piccoli Comuni sono stati costretti a conferire funzioni, servizi e
relativi capitoli di bilancio sulla base di uno scarno e dubbioso
“business plan” preparato ad arte da Senigallia ed imposto a Ostra,
Ostra Vetere, Barbara, Serra de’ Conti, Arcevia e Trecastelli, le cui
maggioranze consiliari e i sindaci, tutti “targati” rigorosamente PD,
hanno poi obbligato i rispettivi Consigli comunali a sancire, a “colpi
di maggioranza”, la nascita di una Unione tanto inutile quanto vuota di
progettualità. Ovviamente e per fortuna, tutte le minoranze, unite e
compatte, hanno espresso un voto fortemente contrario supportato da
ragioni condivisibili, giuste, opportune e, principalmente, ragionevoli.
L’unica “voce stonata”, in questa operazione, che potremmo definire “il
grande inganno” per le modalità e i termini, con cui è stata condotta
dal PD senigalliese e dall’Amministrazione Mangialardi a danno dei
piccoli Comuni e della stessa Senigallia, è stata, invece, quella della
minoranza del Consiglio della “città di velluto”.
Una minoranza, affatto compatta e unita come quelle dei sei Comuni
vallivi, bensì divisa tra chi giustamente ha votato contro e chi,
invece, ha scelto la via dell’astensione, della mera astensione,
giustificandola con altrettanto mere motivazioni. L’opposizione ha il
sacrosanto dovere di impedire alla maggioranza, che governa, di
commettere errori. Non quello di appoggiare con l’astensione una scelta
palesemente sbagliata, accusando gli altri di non avere capacità di
governo perché hanno votato contro. Sappiano costoro che per governare
bisogna prendere i voti e vincere le elezioni, non sperare di farlo. Ma,
senza alcun scrupolo, non hanno perso tempo, sempre costoro, ad
aggiudicarsi qualche seggio “di maggioranza” in più nel Consiglio
dell’Unione, senza tener conto di chi l’opposizione la fa per davvero,
non solo quando interessa farlo! Si tengano pure, costoro, qualche
scranno “di maggioranza” in più! Un’operazione sfacciatamente politica,
quindi, che nulla ha a che fare con la razionalizzazione dei servizi e
con la riduzione dei costi, e ciò perché non emergono dati
sufficientemente “provati” e “certificati” dal business plan presentato
da Senigallia per affermare il contrario, e alla quale sarebbe stato
necessario e doveroso un voto contrario di tutta la minoranza.
L’astensione ha semplicemente “rafforzato” la decisione politica del
sindaco Mangialardi e del PD, facendo loro un favore. Per creare vera
cultura di governo è necessario percepirla concretamente e indirizzarla
per fini generali. Non certo appoggiare, seppur con una astensione, una
Unione dei Comuni forgiata solo per difendere “interessi di partito” e
per salvaguardare “nicchie di potere” a danno esclusivo dei cittadini.
Avere “cultura di governo” significa averlo dimostrato sul campo con il
consenso. Qualcuno l’ha fatto davvero, altri invece lo hanno solo
sperato senza riuscirci. Questa Unione è, oltremodo, innaturale e non
omogenea perché i soggetti istituzionali che l’hanno costituita non
rappresentano in alcun modo un territorio uniforme ed organico.
Senigallia è una città medio-grande, con cui i sei piccoli Comuni non
hanno l’opportunità di decidere e di scegliere ciò che di più importante
vi sia per le rispettive comunità, ma solo di subire passivamente i
provvedimenti e le determinazioni del Comune, che si è autodeterminato
“ente capofila”, il cui sindaco è per Statuto il Presidente dell’Unione,
e il cui peso politico è risolutivo.
Questa Unione è innaturale e non omogenea perché i sei piccoli Comuni
hanno di fatto ipotecato il loro futuro, legandosi a Senigallia e
abdicando al ruolo che per secoli hanno detenuto nel territorio. Così
facendo, Ostra, Ostra Vetere, Barbara, Serra de’ Conti, Arcevia e
Trecastelli hanno perso la loro autonomia, senza tener conto che nessuna
norma li obbligava a farlo. Si sono spinti verso il limite,
superandolo. Non è vera l’affermazione che i piccoli Comuni non riescano
a governare le proprie comunità. Ci sono migliaia di esempi in Italia e
in Europa, che dimostrano l’esatto contrario. I piccoli Comuni
avrebbero dovuto “allearsi”, semmai, in un’Unione (ad esempio,
confluendo in quella già esistente di Corinaldo e Castelleone di Suasa)
per poi confrontarsi con Senigallia con pari dignità istituzionale,
utilizzando, per quelle scelte di area vasta interessanti tutta la valle
del Misa e del Nevola, altri strumenti ed istituti messi a disposizione
dal Testo Unico degli Enti Locali (TUEL) e dal vigente ordinamento.
Come, ad esempio, le convenzioni, gli accordi di programma, i protocolli
d’intesa. Questa sì che è capacità e cultura di governo! Il sindaco di
Senigallia e il PD hanno impedito che i piccoli Comuni riflettessero
sulla proposta avanzata da Corinaldo e Castelleone di Suasa. Mangialardi
ha giocato abilmente d’anticipo, evitando che la Valle del Misa e del
Nevola potesse esprimersi e creare una Unione dei Comuni più omogenea e
territorialmente più conforme alle finalità della legge e forse alla
volontà generale del comprensorio vallivo.
Lo ha impedito, mettendo i sindaci di Barbara, Trecastelli, Serra de’
Conti, Arcevia, Ostra e Ostra Vetere di fronte ad una scelta obbligata
da adottare in tempi brevissimi e senza possibilità di opporsi. Lo
Statuto approvato, sempre a colpi di maggioranza, è poi la testimonianza
diretta di carenza di democrazia e di partecipazione. Non vi è alcuna
garanzia per i sei piccoli Comuni di avere un ruolo determinante perché
Senigallia sarà l’unico regista di questo “grande inganno”. Il principio
delle “diversità nell’unità” non è stato affatto rispettato perché
Senigallia è il padrone e i sei piccoli Comuni i “servi obbedienti”.
Questa Unione dei Comuni non rappresenta, da ultimo, alcun volano per
l’economia locale, tanto meno per lo sviluppo del territorio. L’azione
di governo ed amministrativa di un territorio non necessita di un
ulteriore “carozzone”. E’ una scatola vuota voluta solo per rafforzare
la posizione egemonica di Senigallia e per tenere al guinzaglio sei
piccoli Comuni, i quali hanno tutti gli strumenti per poter valorizzare e
promuovere i rispettivi territori senza doverli vendere al peggior
acquirente.
da
Fratelli d'Italia, Lega Nord e Energie per Senigallia