venerdì 13 aprile 2018

FdI, Lega Nord e Energie per Senigallia sull'Unione dei Comuni: "Peggiore esempio di governo


L’Unione dei Comuni “Le Terre della Marca Senone” rappresenta l’esempio peggiore e più becero di “cultura di governo”’.
Un nuovo ente senza alcuna strategia generale e senza obiettivi, voluto senza appello dal sindaco Mangialardi e dal PD per creare semplicemente l’ennesimo strumento politico di potere, con cui “dirigere e controllare” la vita comunitaria ed istituzionale dei piccoli Comuni della valle del Misa e del Nevola, ma soprattutto per “risolvere” imbarazzanti questioni amministrative e di bilancio di Senigallia. Perché la vera ragione è solo questa: “snellire” il Comune costiero, affidando funzioni e capitoli di spesa al nuovo ente, permettendo così a Senigallia di sopravvivere, e ai piccoli Comuni di “regalare” definitivamente la propria dignità ed il proprio ruolo al “monarca di velluto”. Colpevoli di tutto questo anche i sindaci di Ostra, Ostra Vetere, Barbara, Serra de’ Conti, Arcevia e Trecastelli, i quali supinamente e acriticamente hanno accettato il “diktat” del loro partito.
Proprio così. Nell’Unione dei Comuni, un ente completamente autonomo, i piccoli Comuni sono stati costretti a conferire funzioni, servizi e relativi capitoli di bilancio sulla base di uno scarno e dubbioso “business plan” preparato ad arte da Senigallia ed imposto a Ostra, Ostra Vetere, Barbara, Serra de’ Conti, Arcevia e Trecastelli, le cui maggioranze consiliari e i sindaci, tutti “targati” rigorosamente PD, hanno poi obbligato i rispettivi Consigli comunali a sancire, a “colpi di maggioranza”, la nascita di una Unione tanto inutile quanto vuota di progettualità. Ovviamente e per fortuna, tutte le minoranze, unite e compatte, hanno espresso un voto fortemente contrario supportato da ragioni condivisibili, giuste, opportune e, principalmente, ragionevoli. L’unica “voce stonata”, in questa operazione, che potremmo definire “il grande inganno” per le modalità e i termini, con cui è stata condotta dal PD senigalliese e dall’Amministrazione Mangialardi a danno dei piccoli Comuni e della stessa Senigallia, è stata, invece, quella della minoranza del Consiglio della “città di velluto”.
Una minoranza, affatto compatta e unita come quelle dei sei Comuni vallivi, bensì divisa tra chi giustamente ha votato contro e chi, invece, ha scelto la via dell’astensione, della mera astensione, giustificandola con altrettanto mere motivazioni. L’opposizione ha il sacrosanto dovere di impedire alla maggioranza, che governa, di commettere errori. Non quello di appoggiare con l’astensione una scelta palesemente sbagliata, accusando gli altri di non avere capacità di governo perché hanno votato contro. Sappiano costoro che per governare bisogna prendere i voti e vincere le elezioni, non sperare di farlo. Ma, senza alcun scrupolo, non hanno perso tempo, sempre costoro, ad aggiudicarsi qualche seggio “di maggioranza” in più nel Consiglio dell’Unione, senza tener conto di chi l’opposizione la fa per davvero, non solo quando interessa farlo! Si tengano pure, costoro, qualche scranno “di maggioranza” in più! Un’operazione sfacciatamente politica, quindi, che nulla ha a che fare con la razionalizzazione dei servizi e con la riduzione dei costi, e ciò perché non emergono dati sufficientemente “provati” e “certificati” dal business plan presentato da Senigallia per affermare il contrario, e alla quale sarebbe stato necessario e doveroso un voto contrario di tutta la minoranza.
L’astensione ha semplicemente “rafforzato” la decisione politica del sindaco Mangialardi e del PD, facendo loro un favore. Per creare vera cultura di governo è necessario percepirla concretamente e indirizzarla per fini generali. Non certo appoggiare, seppur con una astensione, una Unione dei Comuni forgiata solo per difendere “interessi di partito” e per salvaguardare “nicchie di potere” a danno esclusivo dei cittadini. Avere “cultura di governo” significa averlo dimostrato sul campo con il consenso. Qualcuno l’ha fatto davvero, altri invece lo hanno solo sperato senza riuscirci. Questa Unione è, oltremodo, innaturale e non omogenea perché i soggetti istituzionali che l’hanno costituita non rappresentano in alcun modo un territorio uniforme ed organico. Senigallia è una città medio-grande, con cui i sei piccoli Comuni non hanno l’opportunità di decidere e di scegliere ciò che di più importante vi sia per le rispettive comunità, ma solo di subire passivamente i provvedimenti e le determinazioni del Comune, che si è autodeterminato “ente capofila”, il cui sindaco è per Statuto il Presidente dell’Unione, e il cui peso politico è risolutivo.
Questa Unione è innaturale e non omogenea perché i sei piccoli Comuni hanno di fatto ipotecato il loro futuro, legandosi a Senigallia e abdicando al ruolo che per secoli hanno detenuto nel territorio. Così facendo, Ostra, Ostra Vetere, Barbara, Serra de’ Conti, Arcevia e Trecastelli hanno perso la loro autonomia, senza tener conto che nessuna norma li obbligava a farlo. Si sono spinti verso il limite, superandolo. Non è vera l’affermazione che i piccoli Comuni non riescano a governare le proprie comunità. Ci sono migliaia di esempi in Italia e in Europa, che dimostrano l’esatto contrario. I piccoli Comuni avrebbero dovuto “allearsi”, semmai, in un’Unione (ad esempio, confluendo in quella già esistente di Corinaldo e Castelleone di Suasa) per poi confrontarsi con Senigallia con pari dignità istituzionale, utilizzando, per quelle scelte di area vasta interessanti tutta la valle del Misa e del Nevola, altri strumenti ed istituti messi a disposizione dal Testo Unico degli Enti Locali (TUEL) e dal vigente ordinamento. Come, ad esempio, le convenzioni, gli accordi di programma, i protocolli d’intesa. Questa sì che è capacità e cultura di governo! Il sindaco di Senigallia e il PD hanno impedito che i piccoli Comuni riflettessero sulla proposta avanzata da Corinaldo e Castelleone di Suasa. Mangialardi ha giocato abilmente d’anticipo, evitando che la Valle del Misa e del Nevola potesse esprimersi e creare una Unione dei Comuni più omogenea e territorialmente più conforme alle finalità della legge e forse alla volontà generale del comprensorio vallivo.
Lo ha impedito, mettendo i sindaci di Barbara, Trecastelli, Serra de’ Conti, Arcevia, Ostra e Ostra Vetere di fronte ad una scelta obbligata da adottare in tempi brevissimi e senza possibilità di opporsi. Lo Statuto approvato, sempre a colpi di maggioranza, è poi la testimonianza diretta di carenza di democrazia e di partecipazione. Non vi è alcuna garanzia per i sei piccoli Comuni di avere un ruolo determinante perché Senigallia sarà l’unico regista di questo “grande inganno”. Il principio delle “diversità nell’unità” non è stato affatto rispettato perché Senigallia è il padrone e i sei piccoli Comuni i “servi obbedienti”. Questa Unione dei Comuni non rappresenta, da ultimo, alcun volano per l’economia locale, tanto meno per lo sviluppo del territorio. L’azione di governo ed amministrativa di un territorio non necessita di un ulteriore “carozzone”. E’ una scatola vuota voluta solo per rafforzare la posizione egemonica di Senigallia e per tenere al guinzaglio sei piccoli Comuni, i quali hanno tutti gli strumenti per poter valorizzare e promuovere i rispettivi territori senza doverli vendere al peggior acquirente.



   

da Fratelli d'Italia, Lega Nord e Energie per Senigallia

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