SENIGALLIA – Le minoranze consiliari dei paesi aderenti all’unione dei comuni “Le Terre della Marca Senone” fanno voce unica. Un’unica voce con la quale evidenziano le numerose criticità
emerse sia nella fattibilità e utilità, sia nell’iter che ha portato
alla nascita di questo ente di secondo livello (non direttamente votato
dai cittadini), così come nella rappresentatività democratica in seno al
nuovo consiglio che verrà eletto.
«È questo il primo passo nel percorso che le opposizioni e minoranze consiliari dei sette comuni aderenti stanno condividendo – spiega Massimo Olivetti, ex sindaco e capogruppo della lista Progetto Ostra -. Un percorso che vuole portare alla popolazione le informazioni e i dati sull’unione “calata dall’alto”,
senza partecipazione, senza progettualità né dati. Un contenitore su
cui c’è molta confusione, anche tra gli stessi sindaci aderenti. Chi
detta quindi le regole al suo interno? Noi vogliamo che sia un ente
democratico, che possa migliorare i servizi e far risparmiare i
cittadini anche dei comuni dell’interno e non solo Senigallia che sembra
voglia redistribuire i suoi costi nella vallata come già fatto con il
dirigente dei servizi sociali Mandolini».
«È un ente locale nato senza che fossero specificate le funzioni o la copertura finanziaria – sottolinea Nicola Peverelli, consigliere comunale di Trecastelli nella lista di minoranza Trecastelli ai Cittadini – come prevede invece il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (Tuel, decreto legislativo n. 267/2000
– aggiornato). Così come mancano i dati che ci possano confermare la
bontà dell’operazione o il risparmio per i cittadini. Vogliamo convocare
i consigli comunali per chiedere in sede di autotutela l’annullamento della delibera
con cui è stato approvato recentemente lo statuto. Sarà un’opportunità
per ripensare l’unione e, stavolta, per informare i cittadini».
Il “no” deciso e convinto arriva anche da Ostra Vetere: tramite la consigliera Giuseppina Codias si è sottolineato che l’unione sarebbe su due binari:
da una parte Senigallia con le sue caratteristiche, ente capofila,
dall’altro i comuni della vallata, simili tra loro per morfologia,
territorio, caratteristiche e tradizioni. «Difficile pensare che
l’unione il motore trainante dell’unione possa mettersi al servizio
anche dei comuni più piccoli dell’interno, se ha da pensare al suo
milione di turisti – spiega l’esponente di Patto per Ostra Vetere
-. Se pensiamo alla polizia locale, c’è il rischio che risorse umane
vengano spostate in base alle necessità e che vi siano periodi in cui
l’interno sia più scoperto. Così come fa pensare la fretta con cui sono stati presentati e approvati gli atti, tenuti prima in gran segreto. Per non parlare poi delle dure clausole di recesso per quegli enti che vorranno uscire dall’unione dei comuni».
Trasparenza, rappresentatività democratica ed economicità dell’unione dei comuni sono anche i temi che il consigliere di minoranza di Senigallia Bene Comune, Giorgio Sartini,
ha già esposto in più di un’occasione. Vi sono delle regole, quelle del
Tuel – spiega – a cui i sindaci aderenti non si sono attenuti. L’art.
32 del d.lgs 267/2000 dice espressamente che “il presidente è scelto tra
i sindaci dei comuni associati” quindi non deve essere per forza
Mangialardi; che “la giunta è scelta tra i componenti dell’esecutivo dei
comuni associati” e non tra i sindaci. Servono persone tecniche, non
politiche. Infine, che “il consiglio è composto […] garantendo la
rappresentanza delle minoranze e assicurando la rappresentanza di ogni
comune”. Con lo statuto approvato su cui non hanno accettato emendamenti
noi siamo praticamente fuori da ogni previsione del Tuel».
In ogni caso, il primo passo è appunto quello della richiesta di annullamento delle delibere
di ogni singolo comune che hanno portato all’approvazione dello
statuto. Se la risposta sarà quella di una revisione dell’atto, ci
saranno margini per una discussione che già si immagina molto accesa; se
così non fosse, allora le opposizioni dei sette comuni daranno il via a
iniziative di altro tipo. Su eventuali passi indietro però, la dice lunga il fatto che già nello studio di fattibilità vi fosse la dead line
del 1 marzo in modo da anticipare il valzer di elezioni comunali che
partiranno in primavera e con cui verranno rinnovati i consigli della
maggior parte dei comuni.
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