Sarebbe stata la cattiva gestione degli scarichi di acque reflue urbane e il superamento dei limiti di immissione previsti dalla legge a provocare la moria di pesci registrata nelle settimane scorse lungo il fiume Misa. A sostenerlo è il Comando di Arcevia del Corpo forestale dello Stato che ha denunciato alla procura della Repubblica il direttore generale della società di gestione del servizio fognario. Il dirigente, C.P. , 59enne di Ancona, dovrà rispondere di varie ipotesi di reato tra cui uccisione e maltrattamento di animali, danneggiamento aggravato di acque pubbliche, mancato trattamento e superamento dei limiti negli scarichi da depurazione di acque reflue urbane e mancato rispetto della disciplina regionale sul trattamento delle acque di prima pioggia e di lavaggio, accertate a Casine di Ostra lungo il fiume Misa. Le indagini erano iniziate già a settembre dopo una segnalazione di alcuni cittadini della frazione di Brugnetto di Ripe riguardante il ritrovamento di grandi quantità di pesce morto lungo il Misa, nel tratto compreso tra i Comuni di Ripe, Senigallia ed Ostra. La pattuglia del Comando Stazione Forestale di Arcevia, che aveva ricevuto direttamente la segnalazione, giunta in prossimità della briglia situata tra Brugnetto di Ripe e Bettolelle di Ostra, ha subito rilevato, lungo le sponde del fiume Misa, dove era presente anche una consistente coltre di schiuma grigia maleodorante, numerosi esemplari di carpe, cavedani europei, anguille e di altre specie di pesci, morti ormai da giorni. Trattandosi di specie adattate ad alti livelli di inquinamento idrico, era presumibile, quindi, un elevato grado di alterazione della qualità delle acque, pertanto gli Agenti hanno proceduto tempestivamente ad effettuare le indagini del caso, facendo intervenire il personale dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente delle Marche, per le analisi sulle acque, e i veterinari dell'Asur 4 di Senigallia che hanno preso, a loro volta, i campioni di pesce da far analizzare presso l’Istituto Zooprofilattico di Ancona. Inoltre, risalendo il corso del fiume ed escludendo le zone che a monte risultavano non interessate dal fenomeno, i Forestali hanno individuato il probabile punto di immissione delle sostanze rilevate: ciò non ha consentito immediatamente di ricondurre la responsabilità del reato a qualcuno, dovendo procedere ad ulteriori indagini sulla rete fognaria, anche in attesa dei risultati delle analisi sull’acqua e sulle carcasse dei pesci. Solo dopo la consultazione dei referti dei tecnici ambientali è stata rilevata la responsabilità nella gestione degli scarichi di acque reflue urbane da parte dell’indagato, soprattutto per il superamento dei limiti di immissione previsti per legge, anche se le analisi svolte dell’Istituto Zooprofilattico hanno consentito di stabilire solo che la moria dei pesci non sembra essere legata ad avvelenamenti dovuti a particolari sostanze chimiche. Tra l’altro, non risulta agli inquirenti che siano state rilasciate autorizzazioni allo scarico del collettore fognario della Zona Industriale di “Casine” di Ostra, a cui sarebbe riconducibile l’inquinamento dell’ambiente acquatico a valle. “Da una sentenza della Corte di Cassazione -sottolinea il Comandante Provinciale Giancarlo D'Amato- deriva anche la sussistenza del reato satellite di danneggiamento di acque pubbliche, anche se transitorio”. Alla Procura della Repubblica di Ancona, oltre agli atti delle indagini, è stato trasmesso anche un apposito fascicolo fotografico.
penelope@viveresenigallia.it
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